
(AGENPARL) – mar 14 giugno 2022 Scheda stampa
Cinque emergenze di oggi: i rischi per i diritti di bambini e adolescenti
I diritti e le opportunità che la Convenzione di New York del 1989 riconosce a bambini e ragazzi sono oggi esposti al rischio di essere compressi per gli effetti della situazione di crisi che, su più piani, stiamo vivendo. Una crisi che non è soltanto umanitaria, ma anche economica, sociale ed educativa. È in questa cornice che si inserisce l’appello lanciato questa mattina, in occasione della presentazione della Relazione annuale al Parlamento, dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza. Alle istituzioni e agli adulti in generale Carla Garlatti ha chiesto un impegno per dare speranza e futuro ai minorenni, coinvolgendoli direttamente nelle scelte che li riguardano.
1. Le crisi internazionali
Le crisi internazionali legate ai vari conflitti nel mondo, al cambiamento climatico e sociale hanno già iniziato a farsi sentire. I minori stranieri non accompagnati presenti in Italia sono più che raddoppiati rispetto a prima dell’inizio della pandemia. Erano 6.054 al 31 dicembre 2019, alla fine dello scorso aprile ne sono stati censiti 14.025 dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali. È cambiato anche il paese di provenienza del gruppo più numeroso: non sono più Bangladesh o Egitto a guidare la graduatoria, ma è l’Ucraina con circa 5.000 minorenni, per la metà tra i 7 e i 14 anni. Si tratta dell’effetto del conflitto in corso, vale a dire una delle 59 guerre al mondo che contribuiscono ad alimentare i flussi migratori. Emigrazioni che rischiano di crescere ancora a causa dell’emergenza alimentare nelle zone più povere dell’Africa e dell’Asia, generata dalla crisi climatica e dall’eventuale blocco del grano nei porti ucraini.
L’Italia si è dotata di un sistema di accoglienza nei confronti dei bambini e ragazzi che arrivano nel nostro Paese senza adulti di riferimento, sistema che di fronte alla prospettiva di un incremento dei flussi migratori deve essere rafforzato. Serviranno più tutori volontari: adulti di riferimento, che formati dai garanti regionali e nominati dai tribunali per i minorenni, si prendono carico di accompagnare i minori soli nel percorso di crescita e di inclusione nella nostra società. Già oggi ci sono zone d’Italia che ne hanno bisogno: dalla Lombardia, che cerca 500 tutori, alla Sicilia che fa i conti con una storica difficoltà di distribuzione territoriale dei volontari. L’ultima rilevazione dell’Autorità garante – che in base alla legge 47 del 2017 ha compiti di monitoraggio – ne ha contati 3.469 al 31 dicembre 2020.
Più in generale, occorrerà investire di nuovo sul sistema di tutela volontaria italiano, come già fatto dall’Agia con i fondi europei del Fami, e incrementare le risorse per l’accoglienza a favore dei comuni. A tal proposito, l’Autorità garante ha in corso una serie di visite nelle strutture comunali del Sai (Sistema accoglienza integrazione) per ascoltare direttamente i bisogni dei ragazzi e rilevare le esigenze degli enti locali.
2. Le povertà
Secondo le stime preliminari pubblicate da Istat a marzo, il totale dei minorenni in povertà assoluta nel 2021 è pari a 1 milione e 384mila: l’incidenza si conferma elevata (14,2%), stabile rispetto al 2020 ma maggiore di quasi tre punti percentuali rispetto al 2019 (11,4%). La presenza di figli minori continua a rappresentare un fattore che espone maggiormente le famiglie al disagio: l’incidenza di povertà assoluta si mantiene alta (11,5%) proprio in quelle che hanno almeno un figlio di minore età. Nel caso di coppie con tre o più figli sale al 20%.
La situazione, già critica a seguito della pandemia, rischia di aggravarsi ulteriormente per le conseguenze della crisi economica sul piano internazionale e le difficoltà di quanti già vivono in uno stato di vulnerabilità o di svantaggio rischiano di crescere. Queste circostanze non solo incidono sul presente ma possono ipotecare il futuro di bambini e ragazzi, contribuendo a mantenere fermo l’ascensore sociale. Per questo, da una parte occorre dar seguito alle misure di sostegno al reddito previste dal Family Act e dall’altra è necessario intervenire con urgenza, dando attuazione al Piano infanzia e alla Child guarantee, sulla povertà educativa e per contrastare la dispersione scolastica. A proposito di quest’ultima arrivano segnali allarmanti: promuovendo la riuscita scolastica si opera per la giustizia sociale, purché in un quadro di interventi di sistema.
In tema di dispersione scolastica, l’Autorità garante ha formulato sette raccomandazioni a istituzioni, imprese, parti sociali, ordini professionali e terzo settore. Tra di esse quella di istituire finalmente “aree di educazione prioritaria” nelle zone d’Italia a più alto rischio di esclusione sociale. Inoltre, occorre concentrare le risorse per rendere eccellenti le scuole e i servizi frequentati dai bambini in condizione di vulnerabilità e alle famiglie fragili vanno offerti interventi su misura da parte di équipe multidisciplinari, secondo un approccio unitario. Vanno poi promossi la piena partecipazione dei genitori all’esperienza scolastica dei figli e i patti educativi di corresponsabilità co-costruiti e personalizzati, oltre a parent’s room in ogni scuola e progetti di intervento ad hoc per ciascuna famiglia in difficoltà. Andrebbero rinnovati la didattica e gli stili di insegnamento, aumentate le scuole a tempo pieno e promossi ambienti informali di apprendimento e aggregazione. Va fatto infine un investimento sul sistema integrato dei servizi educativi e socioeducativi 0-6 e va istituito, nell’ambito del sistema pubblico, un servizio di psicologia scolastica.
3. Le preoccupazioni sulla salute mentale
Gli effetti della pandemia hanno generato nei minorenni una condizione generalizzata di crisi che si è manifestata con segnali di malessere e disagio: la prima fase di una ricerca condotta dall’Autorità garante, in collaborazione con l’Istituto superiore di sanità e il Ministero dell’istruzione, ha evidenziato un generale peggioramento delle condizioni di benessere dei bambini e dei ragazzi. Sono emerse problematiche nei confronti delle quali occorrerà mettere in campo adeguate risposte che, purtroppo, finora sono mancate.
Tra le raccomandazioni che l’Autorità garante ha indirizzato alle istituzioni per fronteggiare questa emergenza c’è innanzitutto la necessità che le azioni di programmazione, prevenzione e cura superino la frammentarietà regionale e locale. Vanno poi previste adeguate risorse per i servizi, vanno fornite risposte specifiche in base all’età, va garantito un numero di posti letto in reparti dedicati ai minorenni e vanno istituiti servizi di psicologia scolastica, in modo da attivare un collegamento tra scuola e territorio. È altrettanto importante operare un cambiamento culturale intervenendo sul ruolo educativo e sulla promozione del dialogo intergenerazionale: gli adulti hanno il dovere di accogliere, sostenere e contenere la sofferenza delle persone di minore età
La ricerca è durata un anno e proseguirà per altri due, coinvolgendo fino a 35.000 minorenni dai 6 ai 18 anni nelle cinque regioni interessate dallo studio.
4. L’allarme per la devianza
In Italia la devianza minorile non è dappertutto uguale. In alcune zone gli episodi di criminalità di gruppo hanno carattere episodico e l’allarme sociale risulta talora sovradimensionato, in altre invece si manifestano casi che richiedono una particolare attenzione. Si sente parlare spesso di “baby gang”, un termine non sempre corretto e che per certi aspetti può risultare dannoso, perché fonte di stigma o, peggio, di incentivo a mantenere la “notorietà” acquisita.
A Milano e a Brescia ad esempio – come sottolineato dai procuratori minorili nelle relazioni annuali – non siamo di fronte a bande organizzate, nel senso di realtà strutturate finalizzate alla commissione di reati o al controllo del territorio e dotate di una programmazione delittuosa. A Roma invece nel 2021 sono state registrate risse tra gruppi, mentre di gang che si fronteggiano tra loro per la difesa del territorio parlano i magistrati partenopei. A Reggio Calabria poi la criminalità minorile costituisce un complemento di quella organizzata presente nell’area.
In generale desta preoccupazione la diminuzione, in alcuni casi, dell’età degli autori dei reati (segnalati in crescita tra coloro che hanno meno di 14 anni nei distretti di Bologna e Catania), l’incremento del numero dei casi di maltrattamento da parte dei minori nei confronti dei famigliari (Bologna, Brescia e Firenze) e l’aumento, in numerose zone d’Italia, di fatti connotati da crudeltà e mancata percezione della gravità di quanto commesso e della sofferenza delle vittime. A Palermo i delitti contro la libertà sessuale sono cresciuti di oltre il 50% e hanno colpito soprattutto bambine di età inferiore ai 14 anni, riprese con gli smartphone. In generale, in tutta la Penisola, si registra un uso improprio del digitale da parte dei minorenni, che sconfina in violazioni di legge.
Una delle risposte alla devianza minorile in generale, a giudizio dell’Autorità garante, può arrivare dalla giustizia riparativa, che consente agli autori di reato di comprendere la sofferenza della vittima a partire dal suo vissuto, acquisendo consapevolezza di aver agito non contro qualcosa (la legge) ma contro qualcuno. Per questo, la giustizia riparativa può essere uno strumento per contenere i casi di recidiva. Allo stesso tempo la vittima, anche quella minorenne, trova uno spazio di ascolto e di parola, può esprimere emozioni ed elaborarle. È importante poi tenere vivi i presidi territoriali, valorizzare e rivitalizzare il sistema giustizia minorile, tra i più avanzati d’Europa, e promuovere occasioni di ascolto dei ragazzi anche attraverso modalità di gruppo.
Per l’Autorità garante la valorizzazione della giustizia riparativa rappresenta uno dei agli aspetti più significativi della riforma Cartabia. In proposito, l’Autorità ha recentemente formulato una serie di proposte al Tavolo di lavoro incaricato di redigere gli schemi di decreto legislativo. In particolare, ha suggerito che il minorenne possa decidere autonomamente, anche senza il consenso dei genitori, se partecipare o meno a un percorso di giustizia riparativa. Ha proposto inoltre un maggiore coinvolgimento delle famiglie nei percorsi e la diffusione, oltre che della mediazione reo-vittima, di altri programmi (per esempio i circle e i family group conference) e l’estensione dell’accesso anche agli autori di reato con meno di 14 anni. La partecipazione a questi percorsi ad adesione volontaria può assumere una valenza educativa, fermo restando che occorre valutare caso per caso età e capacità di discernimento.
5. L’attenzione all’ambiente digitale
Dalla pandemia in poi il mondo è cambiato. L’ambiente digitale che aveva già un ruolo importante per i minorenni quale opportunità di gioco, istruzione, espressione e partecipazione (basti pensare ai Fridays for future) è divenuto sempre più presente nelle vite di bambini e ragazzi. Questo comporta anche dei rischi per i loro diritti, che hanno imposto una particolare attenzione da parte dell’Autorità garante. In questo ambito, l’Autorità garante ha partecipato alle attività di un tavolo presso il Ministero della giustizia con Agcom e Garante per la protezione dei dati personali per definire una serie di proposte.
La prima riguarda l’urgenza di evitare che bambini troppo piccoli utilizzino servizi online e social non adatti per la loro età e passa attraverso la definizione di un meccanismo di age verification sul modello dello Spid. Con riferimento alla condivisione delle immagini dei figli da parte dei genitori (il cosiddetto sharenting), si è poi proposto di riconoscere ai ragazzi ultraquattordicenni la possibilità di chiedere in autonomia la rimozione delle foto. Si è inoltre suggerito di applicare le norme in tema di lavoro minorile per contenere il fenomeno dei baby influencer. Fondamentale, infine, secondo l’Autorità, la realizzazione di campagne di sensibilizzazione che, per essere efficaci, dovranno essere portate avanti con la partecipazione dei minorenni.
In diverse occasioni l’Autorità garante ha sottolineato l’importanza di promuovere l’educazione a un uso corretto e sicuro di internet e dei social media sin dalla più tenera età. Questa attività è stata realizzata traducendo un libretto della buona notte del Consiglio d’Europa per bambini tra i 4 e i 7 anni e promuovendo un progetto di educazione digitale per le ultime tre classi della scuola primaria che utilizza un libro ad hoc di Geronimo Stilton. Inoltre, l’Agia ha tradotto un volantino sui diritti dei minorenni in ambiente digitale, sempre del Consiglio d’Europa, destinato agli adolescenti e ha realizzato, assieme al Comitato italiano per l’Unicef e al Comitato interministeriale per i diritti umani, la traduzione del Commento n. 25 del Comitato Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.
